giovedì 26 dicembre 2013

Vittorio e il pranzo di Natale

Vittoria e io andiamo al parco con la sua vecchia Panda celeste. Una macchina che ha vent’anni, ma che ancora cammina allegra e lieve. Io, un “volpino arrangiato”, come mi chiama Vittoria, salto dentro l’auto con tutta la leggiadria dei miei dieci anni. Mi chiama così perché non sono un vero volpino: ho tracce di cocker e di pincher con un tocco di maltese, il che ha generato il pelo lungo, le orecchie a punta e il carattere deciso.
Mi chiamo Vittorio, come la mia padrona. Vittorio e Vittoria, carini no? Lei ha tanti anni, in termini canini ne avrebbe circa dieci. Quindi, se fate il conto in termini umani, ne ha quasi settanta. Insomma siamo coetanei, anzi io sono un po’ più giovane di lei...

Jackson e il segreto della Vigilia di Natale

No, oggi non ci vengo al parco! In casa c’è un bel calduccio, sono riuscito a farmi dare un pezzetto di pandoro a colazione e poi sono saltato nel letto con Fiorella e Rodolfo, i miei genitori, a pisolare ancora un po’.
Genitori umani, sia chiaro. Poverini, sono costretti a camminare su due zampe e non hanno peli addosso, tranne che in testa. Strane creature, ma io ormai li considero mia madre e mio padre, quindi resto qui nel letto con loro finché non si alzano. A loro non dispiace se mi acciambello tra l’uno e l’altra, anche se sono un labrador adulto. Mi hanno chiamato Jackson, in onore di un tale Michael che a loro piace tanto...

martedì 10 dicembre 2013

La cana pescatrice

E' il momento del “sole alzato da un po'”. Noi cani non diamo un nome al tempo che passa. Lo capiamo dalla luce che c'è, da quanto il sole sale nel cielo. Definiamo così il trascorrere del giorno: il sole appena alzato, alzato da un po', da un po' più di un po', da molto più di un po', è alto, è altissimo, abbassato un po' e così via. Si capisce anche quando è nuvolo, perché ci si regola con l’intensità della luce.
Insomma, al "sole alzato da un po'" mi alzo anch'io, mi stiracchio, sbadiglio un bel po' e mi avvio a fare il mio giro di ricognizione. Io sono il cane del parco, cioè uno dei cani senza collare residenti in quest'area verde, dove gli uomini vengono a correre, a riposare, a chiacchierare e a far passeggiare i loro quattrozampe. Mi chiamano Nina, e io lo trovo un bel nome, molto chic.

venerdì 6 dicembre 2013

La gang della soubrette

Siamo cinque, siamo invincibili, siamo scatenati. Pepe, Mango, Cherry, Gioia, Nespola, eccoci qua. Cinque meticci di forme e dimensioni diverse - uno smilzo e biondo, uno grosso a macchie bianche e nere, uno nerissimo col pelo corto, l'altro bianco con pelo lungo, un altro basso e rotondetto color castagna. 
Saltiamo fuori dall'auto della nostra umana urlando come forsennati. Facciamo a gara a chi abbaia più forte, mentre corriamo avanti e indietro intorno alla macchina che l'umana sta chiudendo, urlando anche lei "Buoni! Zitti! Piantatela!". Quanto ci divertiamo a farla strillare! Più alza la voce, più noi facciamo i matti...

martedì 3 dicembre 2013

Gigi e l'uomo con la paletta

La prima cosa che si nota di me e del mio padrone è la sua paletta verde per ammazzare gli insetti. Io sono Gigi, sangue di jack russell e aspetto indefinito come tutti i cani mix, ma con un bel pelo semi-corto bianco, nero e marrone. Lui è Antonio, sangue di umano e aspetto incerto: un signore un po’ avanti con gli anni, né alto né basso, né magro né robusto. Ma con una bella tuta blu nuova che sfoggia sotto una vecchia giacca a vento. E’ pensionato da poco e ha tanto tempo da impiegare. Mi porta al parco e passeggiamo uno accanto all’altro, tranquilli. Io faccio i miei giri fiutando tracce di animali nell’erba e rotolandomi su vecchi vermi morti...

Atina e il computer

"Atina, per carità, non tirare". Ecco la solita cantilena di Adriana, mentre ci dirigiamo verso la nostra auto. Ma chi tira? Io sono un cane di dimensioni rispettabili e con un bel mix di geni nobili nel sangue: ho la testa da lupo, il pelo da spinone, il corpo da labrador, la coda da setter. Figuratevi se mi metto a tirare come un cane qualsiasi. Ho anche una certa età – e pure Adriana ce l’ha, forse è per questo che crede che io tiri. Diciamo che è lei che non ha più la forza di una volta. E neanch’io.