No,
oggi non ci vengo al parco! In casa c’è un bel calduccio, sono riuscito a farmi
dare un pezzetto di pandoro a colazione e poi sono saltato nel letto con Fiorella
e Rodolfo, i miei genitori, a pisolare ancora un po’.
Genitori
umani, sia chiaro. Poverini, sono costretti a camminare su due zampe e non
hanno peli addosso, tranne che in testa. Strane creature, ma io ormai li
considero mia madre e mio padre, quindi resto qui nel letto con loro finché non
si alzano. A loro non dispiace se mi acciambello tra l’uno e l’altra, anche se
sono un labrador adulto. Mi
hanno chiamato Jackson, in onore di un tale Michael che a loro piace tanto...
Tra poco, dicono, cominceranno i preparativi per la cena della vigilia di Natale e io non voglio perderli. Perché magari dal tavolo della cucina cade qualcosa – un filettino di pesce, un tortellino – e io lo acchiappo al volo.
Tra poco, dicono, cominceranno i preparativi per la cena della vigilia di Natale e io non voglio perderli. Perché magari dal tavolo della cucina cade qualcosa – un filettino di pesce, un tortellino – e io lo acchiappo al volo.
Quindi,
cara Stefania, ti puoi anche scordare il parco. Oggi faccio pipì all’angolo qui
sotto e torniamo subito a casa. Stefania è la figlia di Fiorella e Rodolfo,
ovvero è mia sorella. E’ ancora cucciola, ha 15 anni. Anche lei cammina su due
zampe, ma i suoi peli in testa sono lunghissimi e credo li usi per tenersi al
caldo.
Io
resto ben piantato sulla mia cuccia in cucina, ignorando i suoi inviti.
“Jackson, dài, andiamo al parco, ti prego, solo mezz’ora, per favore! Ti do
dieci biscottini! No, venti! Te ne do trenta!”. E va bene, sorella, mi hai
convinto. Andiamo.
Arrivati
nell’area del prato, me ne vado un po’ a zonzo annusando tracce interessanti.
La Stefi guarda lontano, come se cercasse qualcuno. All’improvviso arriva di
corsa una specie di barboncina nera che inchioda a un pelo dal mio naso,
inseguita da uno spilungone dell’età più o meno di Stefi che urla “Beatrice,
fermati!”.
A
fermare Beatrice ci pensa il mio naso. A fermare lo spilungone ci pensa
Stefania, che lo abbraccia e lo bacia come in uno di quei melensi film che mi
costringe a vedere. “Amore!” dice lui. “Tesoro!” dice lei. “Bleah!” dico io.
“Buon Natale, stellina” mormora lo spilungone dando un pacchettino a Stefania.
“Buon Natale a te, cicci” sussurra lei porgendogli un involucro simile.
“Andiamo bene!” commenta Beatrice, scuotendo il pelo. “Andiamo a fare un giro?”
propongo io a Beatrice.
Trotterelliamo
via, girandoci ogni tanto a guardare i due cuccioloni umani che si strofinano i
nasi e si abbracciano stretti stretti. Stefi stringe al cuore il suo pacchetto
e poi stringe anche lo spilungone. “Domani non possiamo vederci, ho casa piena
di parenti e devo aiutare i miei… ma ci sentiremo tremila volte!”. “Anche
quattromila!” dice lui. “Anche quattromila volte quattromila!” ride lei.
Beatrice
e io decidiamo che è ora di tornare e andiamo verso l’uscita del parco da soli.
“Jackson, aspettami!” “Bea, arrivo!”. I due giovani umani ci seguono correndo.
Andiamo a casa, ragazzi. E datevi un altro bacio. Io e Bea manterremo il
segreto.
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