"Atina, per carità, non tirare". Ecco la
solita cantilena di Adriana, mentre ci dirigiamo verso la nostra auto.
Ma chi tira? Io sono un cane di dimensioni rispettabili e con un bel mix
di geni nobili nel sangue: ho la testa da lupo, il pelo da spinone, il
corpo da labrador, la coda da setter. Figuratevi se mi metto a tirare
come un cane qualsiasi. Ho anche una certa età – e pure Adriana ce l’ha,
forse è per questo che crede che io tiri. Diciamo che è lei che non ha
più la forza di una volta. E neanch’io.
Appena arrivate al parco, lei mi scioglie
subito il guinzaglio. “Dai, Atina, vai!” mi dice indicandomi il prato
davanti al parcheggio. Non mi sono mai piaciuti i cani che arrivano al
parco e saltano giù dalla macchina abbaiando e correndo avanti e
indietro come forsennati. Io sono una signora, perbacco. Mi siedo nel
parcheggio guardando il prato di fronte. Adriana mi dice, un po’
urlando, di alzare il sedere e di seguirla. Non strilla perché è
cattiva, strilla perché è diventata un po’ sorda.
Mi decido ad andare da lei e mi dirigo
verso la panchina dove si è seduta. Ha aperto il piccolo tavolino
pieghevole che si porta dietro quando veniamo al parco, e sopra ci ha
messo il suo computer portatile. Infagottata in un cappottone imbottito,
accende il pc e comincia a cercare fissando il monitor luminoso. Io mi
siedo in terra, accanto a lei, e la guardo mentre scandaglia sul monitor
immagini esotiche, spezzoni di film, ritornelli di canzoni. Poi si
mette a scrivere.
Quasi si dimentica di me, che sto
accucciata ai suoi piedi e controllo che non si avvicini nessun cane.
Certe volte mi arrabbio perché vedo musi che non mi piacciono, mi alzo e
vado a farmi valere. Ma allora Adriana urla fortissimo il mio nome,
“Atiiinaaa!!!!”, io mi vergogno un po’ di quel barrito da sorda che
lancia e torno a sedermi accanto a lei.
Chissà cosa scrive, Adriana. Ricordi di
quando era giovane? La storia di un amore perduto? Un romanzo di
avventura? Non lo saprò mai.
A meno che non impari a leggere. Ma non ne ho nessuna intenzione.
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